Cercasi Ombelico

 

 

Mi trovo di fronte a una montagna da scalare; questo è il fatto. E’ una montagna gelatinosa, lipidica, molle, che non permette molti appigli che favoriscano la progressione in salita, tutt’altro.

Mi trovo di fronte a un muro di ghiaccio, e devo scalarlo senza ramponi. E sarebbe niente, ma non sono molto allenata e ho 30 chili di zavorra addosso: è un po’ come se mi portassi quotidianamente un bambino di otto anni sulle spalle. Questa è la mia condizione e da oggi ne prendo atto.

Ebbene, oltre a questo fatto increscioso che condiziona il mio libero vagare su questo pianeta che, diciamocelo, offre grandi soddisfazioni in termini di godimenti fisici e mentali, ho dovuto rendermi conto di una altro aspetto che ha destabilizzato la mia serafica propensione ad assecondare tali godimenti, e adesso vorrei renderne conto, forse per esorcizzarlo.

Una mattina di due settimane fa, mentre mi dedicavo alle mie abluzioni quotidiane sotto la doccia, ho infilato il mio dito indice nell’antro che demarca quello che dovrebbe essere il mio girovita; andavo alla ricerca del mio ombelico.

Un gesto ordinario volto alla banale attività igienica quotidiana e che ho compiuto chissà quante volte, eppure…

…eppure di colpo ho avuto un momento di destabilizzante terrore, perché non so per quale recondito collegamento sinaptico, il mio cervello ha passato un’informazione alla mia coscienza, e la reazione è stata brutale, inclemente, lapidaria: mi sono resa conto in un terribile frangente di malinconico smarrimento, che negli ultimi vent’anni, io non ho mai visto il mio ombelico!!

Esattamente, si è capito bene, è così: non ho mai visto il mio ombelico perché è occultato da quella demarcazione fra i due conglomerati adiposi definiti dal mio girovita; sì insomma, il mio ombelico si nasconde alla vista perché immerso nel baratro profondo dell’accumulo opulento del mio addome.

Il fatto che io riesca ad arrivarvi ed accertarne la presenza con il polpastrello del mio dito indice, non è consolatorio; sono un’ essere prevalentemente visivo e ho bisogno di visualizzare per rendermi conto delle cose.

Non ne ho nemmeno una foto, perché quando ero piccola dalle mie parti i bambini non si fotografavano mai nudi, ma gli si mettevano quei vestitini accollati e goffi che ci facevano sembrare delle bamboline da pasticciere, prima di scattare le fotografie.

E per gli adolescenti, di foto in costume da bagno, nemmeno a parlarne!! Dalle mie parti si nasce con gli scarponi ai piedi ed il sole non arriva mai ad asciugare la pelle, se non sulle braccia e sulla faccia.

Lo so, vivo in un mondo troppo antico, troppo nascosto fra i monti… lo so.

Ma quel che volevo dire è che è destabilizzante sapere che non ho mai potuto visualizzare il mio ombelico, tanto destabilizzante che ho deciso che è arrivato il momento di fare qualcosa in merito e l’unica via che posso seguire è quella dello scioglimento dell’adipe attraverso un banalissimo, ma non per questo meno ostico, processo di perdita di peso.

Sarà lento e graduale, come lo sono le salite in vetta.

L’obiettivo è quello di poter visualizzare, finalmente, il mio ombelico occultato da sostanza che fin da oggi, ho deciso di reputare aliena al mio organismo.

Sarà un viaggio lungo, ci saranno momenti di sconforto, già lo so, di paure e timori, di lotte senza quartiere e dovrò difendere la mia meta con tutte le armi e gli strumenti che riuscirò a procurarmi lungo il cammino, ma una cosa è certa: non finirò il mio viaggio su questo pianeta senza aver mai visto il mio ombelico!!! Costi quel che costi!